Trovare senso nel dolore del lutto perinatale
Prendendo spunto dallo scambio fra alcune mamme del Gruppo Facebook, colgo l’occasione per proporre una riflessione.
Le domande emerse sono state: “Cosa si impara da queste esperienze? Il dolore rende più forti?”
Questi interrogativi sono importanti, perché rivelano un’esigenza profonda: nonostante l’incredulità, il senso di impotenza e la rabbia per ciò che è accaduto, emerge il bisogno di trovare un senso.
Ecco il punto: è proprio questo bisogno che ci spinge a esplorare varie possibilità, ed è attraverso questo processo che possiamo davvero dare significato a ciò che è accaduto.
Porsi delle domande è fondamentale, ma ancora più importante è il modo in cui le formuliamo. Perché è lì che, più o meno consapevolmente, iniziamo a percorrere la strada che ci porterà verso il senso che assegneremo a quell’esperienza.
La consapevolezza delle domande che ci poniamo – e del come e perché lo facciamo – fa la differenza.
Propongo quindi un’osservazione: chiedendoci “Cosa si impara da queste esperienze?”, ci poniamo in una posizione passiva. È come se fosse l’esperienza, da sola, a determinare un cambiamento in noi.
E se invece provassimo a cambiare prospettiva?
Proviamo a chiederci:
“Cosa desidero (o voglio) trarre da questa esperienza?”
Perché è vero: non abbiamo avuto potere sull’esito di questo pezzo di vita. Ma abbiamo pieno potere su come questo esito influirà su di noi.
Non è l’esperienza a cambiarci. Siamo noi a scegliere come cambiare in base a ciò che ne vogliamo fare.
In questo processo, il nostro stato d’animo gioca un ruolo centrale. Se siamo arrabbiate – emozione del tutto comprensibile e utile nelle fasi iniziali del lutto – tenderemo a opporci. Potremmo rifiutarci di “imparare qualcosa”, sentendo che riconoscere un valore nell’accaduto significhi quasi legittimarlo, e quindi darla vinta alla vita che ha disatteso i nostri piani o ciò che sentivamo di meritare.
Questa fase di opposizione è naturale. Potremmo vivere un momento in cui tutto viene disgregato.
Ma possiamo anche riconoscere che si tratta di una fase. Necessaria, sì, ma non definitiva.
E allora potremmo dirci:
“Per ora sono arrabbiata, non voglio imparare niente. Fa troppo male. In futuro si vedrà.”
Lasciare aperta la porta al cambiamento è fondamentale.
Se coltiviamo pazienza e fiducia, potremo – col tempo – familiarizzare con ciò che è accaduto. Integrarlo. Riconoscerlo come un fatto possibile nella vita di chi sceglie di vivere davvero. E, soprattutto, accorgerci che – nonostante tutto – siamo riuscite a starci dentro, e che abbiamo risorse che non pensavamo di avere.
Questo processo, spesso non consapevole, può gradualmente spostarci dalla rabbia. Cambiando così il nostro modo di porci di fronte alla domanda iniziale.
Anche l’altra domanda – “Il dolore rende più forti?” – può essere riformulata: non come se il dolore fosse un’entità capace di agire su di noi a prescindere dalla nostra volontà.
Ma chiedendoci piuttosto:
“Cosa voglio fare di questo dolore?”
“Cosa mi sta dicendo?”
“Quale messaggio contiene, per me?”
Le prime risposte che daremo forse non ci piaceranno, o sembreranno banali. Ma possiamo accoglierle per quelle che sono, domandandoci con curiosità dove ci stanno portando. E lasciandoci libere di cambiarle, sperimentare altri punti di vista, riscrivere il significato di ciò che viviamo.
Il lutto è un processo, un continuo divenire.
E dipende da noi: da come ci poniamo, da quanto resistiamo o ci opponiamo, o da quanto siamo disposte a lavorare su ciò che emerge.
In questo lavoro interiore possiamo reinterpretare le esperienze, dare loro nuova forma e permettere a loro di cambiarci… in una danza creativa, che ci porterà a essere diverse da prima.
Migliori? Peggiori?
Non importa.
Ma certamente arricchite di un patrimonio che ci apparterrà per sempre, perché avremo scelto di attraversare il dolore e farne qualcosa che sia, prima di tutto, aderente a noi stesse.
Trovare senso nel dolore del lutto perinatale