Mi chiamo Erika Zerbini, sono laureata in Scienze e tecniche psicologiche, e da molti anni mi occupo di lutto perinatale. Ma, prima ancora, questo tema è entrato nella mia vita in modo personale, intimo, stravolgente.

Tris mamma per chi mi vede e penta mamma per chi mi conosce.
Erika Zerbini
Ho conosciuto il dolore della perdita due volte, nel secondo trimestre di gravidanza. So cosa significa cercare respiro in mezzo a un silenzio che sa essere assordante, quando tutto intorno sembra andare avanti come se nulla fosse.
E proprio da lì, da quel silenzio, è iniziata una ricerca fatta di parole, sguardi, domande. È così che nel tempo è nata quella che oggi è una passione profonda: accompagnare chi sta attraversando questo tipo di esperienza, perché nessuno debba farlo sentendosi invisibile o sbagliato.
Quello che offro non è una terapia. Il lutto, salvo rare complicazioni, non ha bisogno di cura: non è una patologia, non è un guasto da riparare. È una fase della vita. Una delle più difficili, certamente, ma anche una delle più rivelatrici.
Il dolore è un segnale, e come tale va ascoltato. Ci parla di noi, della nostra storia, dei legami profondi che ci abitano. Quando lo accogliamo senza giudicarlo, quando gli permettiamo di raccontarsi attraverso le parole giuste, può diventare una guida.
E proprio attraverso le parole, attraverso la narrazione, possiamo iniziare a vedere dove siamo, che senso abbiamo dato – o ci è stato dato – a ciò che viviamo, e quali possibilità possiamo ancora scegliere.
Viviamo in una cultura che ci ha insegnato come si “deve” affrontare la morte, spesso senza offrirci spazi reali di espressione. Il mio approccio parte da qui: dal riconoscere queste lenti culturali, dal metterle in discussione insieme, e dal provare a scegliere parole nuove, sguardi nuovi. A volte, basta cambiare linguaggio per aprire orizzonti inattesi. Per sentirsi un po’ più liberi. Un po’ più aderenti a se stessi.
Insieme, possiamo attraversare questo tempo difficile in modo creativo e trasformativo.
Non per “togliere” il dolore, ma per riconoscere cosa ci ha cambiato, quali risorse – uniche e preziose – abitano dentro di te, anche ora. E per permettere a quelle risorse di emergere, lentamente, con rispetto e presenza.
Perché fare un percorso insieme?
Perché il dolore, quando viene lasciato inascoltato, tende a chiudersi.
Si ritira in un angolo, silenzioso e denso, e rischia di indurirsi.
Ma se gli diamo voce, se gli permettiamo di mostrarsi, può diventare una via d’accesso: a chi siamo davvero, a ciò che ci è stato tolto e a ciò che, nonostante tutto, può ancora esserci.
Scegliere di farsi accompagnare in un percorso con me non significa guarire, né “voltare pagina”. Significa guardare insieme ciò che è accaduto, ascoltarne l’impatto, decifrarne le tracce. Significa restituire dignità e presenza a un’esperienza che troppo spesso viene negata, svalutata, minimizzata.
Non propongo ricette né frasi consolatorie.
Quello che offro è uno spazio autentico di riflessione, parola e ascolto, dove il lutto non deve essere nascosto o superato, ma può essere visto, narrato, attraversato.
Lavoriamo sulla narrazione non perché raccontare allevi il dolore, ma perché ci aiuta a comprendere in quale mondo siamo immersi, quali visioni abbiamo interiorizzato, quali parole ci sono mancate, e quali potremmo ora scegliere, per abitare in modo nuovo questo tempo.
Con me si esplora, non ci si corregge. Si osservano i frammenti, si accolgono i contrasti, e, passo dopo passo, si scopre che esistono possibilità di stare anche dentro la frattura.
Non per abituarsi al dolore, ma per attraversarlo con presenza, passo dopo passo, senza fingere che non esista e senza lasciargli il potere di definirci per sempre.
È proprio in questo stare che la frattura comincia a ridursi, a trasformarsi.
Le parole trovano spazio, il corpo ricomincia a respirare, il tempo si distende.
E ciò che sembrava insopportabile trova una forma nuova di esistere. Resta il segno, ma la ferita può chiudersi. E tu puoi tornare a vivere, anche portando con te ciò che è stato.
Come posso aiutarti
Funamboli, sul filo della perdita
C’è un filo sottile che attraversa tutte le nostre vite. È il filo della perdita, del lutto, della morte. Un filo che fa paura, che spesso evitiamo di guardare… ma che, se seguito, può condurci in profondità, là dove nascono la creatività, la trasformazione e un modo nuovo di stare al mondo.
Le mie pubblicazioni
libri, albi illustrati e manuali pensati per chi vive o accompagna il lutto