Il lutto perinatale: una piccola introduzione

Il lutto perinatale: una piccola introduzione

In gravidanza tutte le energie sono dedicate alla creazione della vita, ai progetti, al futuro. Ma se la vita non si realizza il processo si blocca bruscamente, in modo del tutto inatteso e il progetto, il sogno rimane incompiuto.

Piera Maghella, La perdita

Per perdita perinatale comunemente si intende la morte di un bambino “attorno alla sua nascita” ovvero, a seconda degli autori, dalla ventiduesima o ventisettesima settimana di gestazione, fin il primo mese dopo il parto.

In realtà, dato che non possono venir trascurati concetti come l’attaccamento e il lutto, per rispondere alla domanda “Da quando si può parlare di lutto perinatale?”, sempre più operatori ritengono che questa definizione andrebbe estesa all’intero periodo di gravidanza, in quanto il sentimento di perdita provato dai genitori è sempre molto forte e non è proporzionale alla durata effettiva dell’attesa, ma all’intensità dell’investimento emotivo compiuto su di essa (Maghella, 2005).

Il sentimento luttuoso infatti compare nel momento in cui si affronta la perdita di un proprio caro, verso il quale si è legati da un sentimento di affetto e attaccamento.

Per rispondere alla domanda “Fino a quale epoca si può parlare di lutto perinatale?”, invece, secondo me i dibattiti rimangono aperti.

La Psicologia Perinatale (per rimanere nella riflessione sul termine), ad esempio, si occupa dei bambini fino al terzo, quarto anno di vita.  Se morisse un bimbo di questa età (forse dal primo anno in sù?) tal perdita verrebbe riconosciuta e celebrata socialmente; diversamente accadrebbe se morisse un bimbo nato da poche settimane.

Nel caso sopra citato si può parlare di lutto perinatale o no?

Probabilmente no,  tra le peculiarità che caratterizzano il tipo di lutto qui discusso,  infatti,  emerge la negazione sociale dell’oggetto di attaccamento.

In Altre Culture, poi, come in certi luoghi dell’Africa Nera, nei primi anni di vita i figli non vengono ancora “battezzati” con il nome che porteranno fino alla vecchiaia e quindi NON sono ancora riconosciuti come appartenenti a quella tribù, causa probabilmente l’altissimo indice di mortalità infantile.

Che caratteristiche avrebbe quindi per questi genitori la perdita di un figlio in quel periodo di vita, all’interno della loro cultura d’appartenzenza?

I comportamenti, i vissuti, quanto somiglierebbero a quello che noi consideriamo  tradizionalmente come lutto perinatale?

In questo mio breve scritto, tenendo conto di queste considerazioni, adotterò il termine perinatale per descrivere il periodo temporale che intercorre dal momento del concepimento fino al primo periodo non ben definito di vita del bambino e lutto perinatale, per descrivere quei comportamenti psicologici, cognitivi e sociali che le persone attuano in reazione a tale evento.

Perché ritengo sia importante parlare di questo tipo di lutto?

Perché la morte, la nascita e la vita fanno parte dello stesso mistero e rispecchiano le estreme espressioni di un unico percorso: quello della nostra esistenza. La nostra cultura ha perso ormai da tempo le tracce di questo legame, di questa continuità.  Sempre più forte è infatti la spinta a censurare, negare, rimuovere l’idea che esista anche la morte.

Non essendoci uno spazio di condivisione sociale per la morte e il lutto, questi sono divenuti sempre più  fattori privati, individuali, che colpiscono il singolo e che da questo devono essere affrontati.

I genitori colpiti dalla perdita di un figlio per morte endouterina, raccontano come esperienza comune, di esser stati lasciati soli fin dal momento della diagnosi, con la sensazione di  non essere stati compresi e di aver ricevuto inadeguate risposte sociali. Purtroppo il senso di abbandono e di solitudine amplificano l’entità del trauma rendendone più complessa l’elaborazione.

Quando muore un figlio già nato e divenuto grande, muoiono anche i sogni e le speranze della sua famiglia, ma non è così immediato comprendere che accade  la stessa cosa se il bambino muore in utero o nel primissimo periodo di vita. Anche in questo caso i genitori sono chiamati ad affrontare un difficile e doloroso percorso di lutto, ma alle persone esterne questo dolore risulta meno comprensibile, in quanto quel bambino  “perduto” è “sconosciuto” al mondo (Ravaldi, 2008).

Tuttavia, la morte perinatale è un vero e proprio lutto e rappresenta un trauma psichico di grave entità, che come gli altri necessita di tempo e di risorse adeguate per essere elaborato.

Se ciò non avviene, esso può influenzare negativamente il legame con gli altri figli o la genitorialità futura.  Dopo una perdita perinatale le donne trovano le gravidanze successive stressanti e pericolose e questa sensazione permane durante tutta la gestazione. Spesso entrambi i genitori possono presentare sintomi di ansia e depressione e sperimentare di nuovo i vissuti appartenenti alla precedente esperienza negativa, oppure possono arrivare a “negare” la nuova gravidanza, per paura di perderla ancora, sviluppando sentimenti di iperprotettività, ansia, o all’opposto distacco e freddezza (Bergner, 2008).

Ogni anno nel mondo muoiono 3 milioni di bambini nel ventre materno per le cause più disparate: per aborto spontaneo, per interruzione volontaria o terapeutica, per morte intrauterina, morte dopo la nascita, perdita di uno o più gemelli in gravidanza multipla, parto prematuro, perdita dopo procreazione assistita.

Recenti dati ISTAT  riportano che in Italia il 15% delle morti avviene nel  1° trimestre con un picco dell’80% nelle prime 12 settimane e il 5% nel 2°-3° trimestre.

Nonostante la morte perinatale colpisca ogni anno moltissime famiglie non esiste sufficiente letteratura, né spazi di sostegno o supporto adeguati a questo tipo di esperienza.

Le poche informazioni presenti sono reperibili perlopiù su internet e meno spesso presso gli ospedali o le ASL territoriali. Grazie al lavoro di associazioni onlus nate da gruppi di genitori, con la collaborazione di operatori formati sull’argomento, vengono  messi a disposizione articoli scientifici e sostegno emotivo attraverso consulenze specifiche, forum o gruppi di auto-aiuto.

Solamente negli ultimi anni si sta prendendo coscienza di questo problema e le informazioni di tipo psicologico e informativo si trovano al momento soprattutto su siti internet per mano di queste stesse associazioni (Ravaldi, 2008) o in nei rari casi di testi editi sull’argomento.

Inoltre andrebbero considerate anche quelle situazioni particolari come l’infertilità, la morte di uno membri della coppia genitoriale, la nascita di un bambino con handicap, il dare in adozione o in affido il figlio, l’allontanamento coatto del bambino, la morte in culla.

lutto perinatale
Frida Kahlo – Il taglio cesareo (Fonte: fridakahlo.org)

La presenza di servizi e interventi educativi ad hoc potrebbe sostenere  l’elaborazione dell’evento, riducendo il senso di solitudine tipico delle prime fasi del lutto e promuovendo lo sviluppo di risorse personali.

E’ necessario pertanto che la società, i media e le classi politiche prestino attenzione a queste situazioni e che venga riconosciuto il percorso emotivo determinato dal dolore per l’elaborazione del lutto offrendo un sostegno ottimale.

Ecco perché ritengo sia indispensabile che gli interessi della Psicologia, della Medicina, dell’Assistenza prenatale e perinatale vertano anche su questo argomento.

Penso inoltre che parlare di  lutto perinatale sia indispensabile per praticare quella prevenzione primaria, secondaria e terziaria di cui si parla anche all’interno dei progetti strutturati di educazione alla nascita

Parlare e leggere di lutto perinatale serve, usando le parole di Daniela Muggia, Tanatologa, perchè questi sono strumenti di consapevolezza sociale, utili agli operatori e alle famiglie per trovare più risorse individuali e sociali con cui affrontare questo evento.

Il tabù della morte si sconfigge anche così. E quando sarà sconfitto, potremo parlare davvero di elaborazione del lutto.

Daniela Muggia, Guarire il lutto perinatale secondo la psicosintesi (Nota introduttiva)

Novella C. Buiani, novembre 2016 


Curiosità:

Nel 1932, a Detroit, Frida si accorge di essere nuovamente incinta. Teme di portare avanti la gravidanza, nonostante desideri molto avere un figlio, per il timore di non riuscire a partorire, viste le grave lesioni che aveva subito a causa dello spaventoso incidente stradale che l’aveva costretta a letto per anni. Consultandosi con un medico, capisce che potrebbe partorire con un taglio cesareo e decide di portare avanti la gravidanza. Tuttavia, al quarto mese di gestazione, abortisce nuovamente.

Fonte: Frida Kahlo, di Gerry Souter
Bibliografia:
Cantarutti Buiani N., Accogliere e sostenere il lutto perinatale. Un investimento che vale una vita – Elaborato di abilitazione – Educare Prima, Sessione di abilitazione settembre 2013, ANPEP Conegliano (Tv).
Convegno Il lutto neonatale tra mito, rito e religione. Ospedale Borgo Roma, AOUI Verona, 2014.
Cozza G., Quando l’attesa si interrompe. Riflessioni e testimonianze sulla perdita prenatale. Edizioni il leone verde, Torino, 2010.
Haussaire Niquet C., Guarire il lutto perinatale, secondo la psicosintesi, Edizioni Amrita, Torino, 2010.
I Quaderni di D&D n. 9, Il canto interrotto. Il sostegno nelle esperienze difficili, Edizioni S.E.A.O (Scuola Elementare di Arte Ostetrica s.r.l), Firenze, 2012.
Maghella P., Pola P., La perdita. Il processo del lutto e del sostegno, Edizione Macro Edizioni, Diegaro di Cesena (FC), 2005.
Ravaldi C., Piccoli Principi. Perdere un bambino in gravidanza o dopo il parto, CiaoLapo Onlus, Firenze, 2008.
Ronchetti F., Per mano di fronte all’oltre, Edizioni la meridiana, Molfetta (BA), 2012.
Schmid V., Venire al mondo e dare alla luce. Percorsi di vita attraverso la nascita, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano, 2005; 2013.
Sitografia:  MIPPE (Movimento Italiano Psicologia Perinatale)  

Pubblicato per la prima volta il 2 novembre 2016